Verrebbe da citare Pierluigi Bersani, in una delle sue frasi più celebri e amare: “siamo arrivati primi ma non abbiam vinto“. Il testa a testa, con volata finale, se lo aggiudica il centrodestra di Bucci, di “cortomuso”. Lo scarto tra le due coalizioni è stato di circa 8000 voti, spicciolo più, spicciolo meno.
Cosa ci dicono queste Elezioni regionali liguri? Proviamo a tracciare un quadro sui cui riflettere.
- IL PUNTO DI PARTENZA. La partita come evidenziato in premessa è stata combattuta. Alcuni analisiti hanno parlato di un “goal a porta vuota sbagliato”. Non ritengo sia così, perchè bisogna ricordare qual’era la fotografia 4 anni fa.
Le due coalizioni nel 2020 erano distanziate di 17 punti percentuali e 117 mila voti. In mezzo, c’è stato tutto quello che già conosciamo: il malgoverno, le inchieste giudiziarie e giornalistiche, un nuovo corso per il Pd, ed eccoci che si arriva ad un sostanziale risultato di equilibrio. Nonostante un crollo drammatico dell’affluenza, il Partito Democratico aumenta i voti assoluti: si passa da 124 mila a 160 mila. Parimenti e qui arrivano le note dolenti, per il fu campo largo, il M5S passa da 48.722 a 25.670. In voti assoluti, rispetto alla precedente competizione elettorale, dimezza i voti la Lega e ne beneficiano Fdi e Forza Italia.
2. IMPERIA
Come è riuscito a resistere all’avanzata di Orlando, l’ex Sindaco di Genova, Bucci? Grazie ad un risultato fuori scala nella provincia di Imperia. Difficilmente spiegabile con la statistica. Imperia fa rima con Scajola. Sì, proprio quello Scajola. Quello della casa al Colosseo, del Popolo della Libertà ecc ecc. La politica italiana resta sempre e comunque, l’eterno ritorno dell’uguale. Insomma, come tutti sanno la provincia di Imperia, è il suo regno incostrato. Qui il centrodestra raggiunge il 60% dei consensi contro il 35 del centrosinistra. In voti assoluti, 16 mila voti di vantaggio. Nelle altre tre province, due se le aggiudica Orlando ( Genova e La Spezia), una Bucci ( Savona) ma la partita è più combattuta, con distacchi intorno ai 3%.
3. ALLEANZE
Quando il risultato è così esiguo, giustamente si guarda ad ogni piccolo dettaglio? Sarebbe bastato Morra? Sarebbero bastati i comunisti di Ferrando? Sarebbe bastato Renzi? Insomma, già dalla diversità dei nomi tirati in ballo nella riga precedente è chiaro che si parla di tutto e del contrario di tutto, come in una maionese impazzita. Il punto di partenza dovrebbe essere un altro: tracciare una linea, capire FINALMENTE quale deve essere l’assetto della coalizione e renderlo definitivo. In Parlamento e sui territori. Ogni elezione non può iniziare di rincorsa dopo mesi interi a discutere di veti e non di voti. Il Partito Democratico ha l’onere e l’onere di guidare il processo. Gli altri devono decidere cosa fare da grandi.
4. IL MOVIMENTO CINQUE STELLE
Cosa devono fare da grandi dicevamo… eccoci dunque arrivati ai pentastellati. Riepilogo brevemente gli ultimi risultati alle regionali del Movimento (di Giuseppe Conte vs Beppe Grillo).
Lombardia 2023: 3,93%. Friuli Venezia Giulia 2023: 2,40%. Trentino Alto Adige: 1,95%. Sardegna: 7.8 % ( con candidata Presidente e vittoriosa) Piemonte: 6,04%. Liguria: 4,56%
Dati da far rabbrividere. La cosa difficilmente spiegabile è che sembra non fregare nulla all’avvocato del popolo Conte. La strategia di alzare il livello della discussione con il fondatore Grillo, genovese doc, durante la campagna elettorale delle regionali è una delle più grandi opere di autosabotaggio che la politica ricordi. Si dirà, giustamente, ma i problemi devono risolvere al loro interno. Sì, è corretto. Ma porre dei veti su base regionali, senza avere voti, minacciando ogni volta l’accordo nazionale è una strategia ridicola, ottusa e senza alcun futuro. Un sinonimo di assenza di lungimiranza politica.
5. IL PERCORSO: L’IMPORTANZA DELLA PERSEVERANZA
C’è poco da dire, per il Partito Democratico, un risultato che si avvicina al 30% era una cosa difficilmente immaginabile fino a poco tempo fa. Bisogna continuare a seminare e a lavorare con perseveranza per portare sui territori gli indirizzi nazionali. Non si tratta di nuovismo e/o rottamazione. Si tratta di far parlare al Partito la stessa lingua della contemporaneità e di affrontare, a testa alta, l’enorme complessità delle sfide del presente. Ritrovare credibilità ripetendo ma soprattutto praticando una politica capace di rappresentare le collettività, dando risposte chiare e decise sui bisogni primari delle persone.