In un’economia che stenta a riprendersi, i singoli si sentono smarriti: in tanti, troppi, a volte forse anche noi stessi, sono in balia della speranza che arrivi all’improvviso un salvatore. Questa speranza in realtà rappresenta un grande limite, ed è la più grande scusa per assecondare la pigrizia. Una scusa per non uscire dalla zona di comfort limitando la nostra visuale che rimane confinata a pochi metri più in là del cancello del nostro giardino.
Il ricordo che rimarrà di noi ai posteri, ai nostri successori, sarà misurato dal cambiamento che avremo indotto con la nostra esistenza sulle loro esistenze. Non è detto che tutti lasceremo un segno, e soprattutto non è assolutamente detto che questo segno, per chi lo avrà lasciato, sarà positivo. Non è scontato che i nostri successori (figli, nipoti) ci saranno grati per ciò che avremo fatto, anzi, dovremmo avere l’onestà intellettuale di tenere in considerazione l’ipotesi che potrebbero maledirci per come NON abbiamo saputo tenere cura di loro, del loro futuro (e come dargli torto visto quello che stiamo facendo, viste le persone che NOI stiamo mandando a amministrarci?). Una cosa però è certa, uno scopo nella vita tutti ce lo abbiamo, anche se a volte per qualcuno un po’ sfocato.
Tutti abbiamo uno scopo orientato a migliorare le cose. Ma migliorare le cose di chi? Spesso è per migliorare le cose che ci appartengono o che abbiamo più o meno vicino, altre volte alcuni (per i più nobili) vogliono semplicemente migliorare “le cose”, a prescindere da chi appartengono. E qui sta il punto.
“Ah, ma questo non riguarda me, non mi appartiene, non mi condiziona, pertanto non mi interessa” è la peggiore delle menzogne che continuiamo a dirci. Il fatto è che tutto ci riguarda, e soprattutto -mettiamocelo in testa- tutto ci appartiene, e di conseguenza dobbiamo sentirne la responsabilità.
Cosa accade quando finirà la nostra vita non è dato saperlo. Ma cosa (non) avremo fatto durante la nostra esistenza sì, e lo sapranno prima di tutti le persone a noi più vicine. Quindi guardiamoci intorno, poi guardiamoci indietro e poi, guardando avanti, proviamo a rispondere onestamente: cosa stiamo lasciando a chi verrà dopo di noi?
Come fare quindi? La visuale sostenibile delle azioni è “semplicemente” è questa: prendersi cura del presente lasciando a quelli che verranno la possibilità di imitarci e magari migliorare. A questo scopo i grandi pilastri sulla quale si basa la scienza della sostenibilità sono tre: il pilastro economico, quello ambientale e quello sociale. Non si può prescindere da nessuno di questi tre pilastri, devono essere valutati in maniera organica e nessuno di questi può essere trascurato, in nessun momento.
Lo sviluppo sociale deve esserci per tutte le categorie: comunità locali, lavoratori, consumatori. Esso deve essere volto a promuovere la creazione di posti di lavoro, con condizioni equamente sicure e dignitose per tutti, senza discriminazioni di sesso, età, nazionalità, credo religioso, credo politico, o altro. Lo sviluppo sociale richiede uno sviluppo di infrastrutture adeguate con PIANI di MANUTENZIONE all’altezza di un paese sviluppato, di servizi al passo con i tempi. Deve essere assicurato per tutti la qualità dell’istruzione e dell’assistenza medica e l’accesso ai tutti i tipi di servizi.
Lo sviluppo economico deve assicurare alle imprese, ai commercianti e al popolo delle partite Iva, di poter far affidamento su una filiera trasparente, prima di corruzione, priva di inganni, con regole chiare e ben definite, così come sulla lealtà della concorrenza. Così da poter mantenere onestamente e liberamente la propria attività, i propri dipendenti e di conseguenza le loro famiglie.
Ma tutto questo non può essere fatto a danno dell’ambiente, se in uno qualsiasi di questi punti si sta ottenendo un beneficio economico o sociale a danno dell’ambiente allora si sta annullando tutto lo sforzo. Bisogna ripensare bene quello che si sta facendo.
I possibili danni ambientali sono molti, alcuni sono evidenti, ma molti sono “invisibili”, per questo sembrano non esserci.
Guardiamoci intorno un secondo, stiamo permettendo di venire sotterrati da rifiuti, con campi elettro magnetici sopra la testa. Nel nostro caso abbiamo un fiume che traporta i metalli pesanti di tutta la valle de Sacco dritta dentro il cuore del nostro paese, le falde dei nostri pozzi sono in condizioni disastrose, il paesaggio che abbiamo sta subendo abusi intollerabili e camminiamo su un suolo, sul quale coltiviamo i nostri orti, saturo di sostanze nocive che avvelenano un po’ per volta noi, le nostre piante e i nostri animali.
La brutta notizia è che questa è la situazione, la buona notizia è che c’è una soluzione: soluzione che richiede uno sforzo collettivo, profondo, radicale. Uno sforzo grande che forse non si è mai visto dalle nostre parti, perché passa per una rivoluzione sociale, politica e industriale.
Ma non abbiamo più tempo per aspettare, non c’è più tempo per attendere: tocca a noi e dobbiamo farlo, subito. Adesso. Senza timore, mettendo in campo una diversa prospettiva di politica, futuro e società.
Umberto Zimarri – Candidato Europee, Europa Verde
Antonio Valente – Ricercatore presso IMDEA Energy