Solitamente le cose della politica italiana seguono lo schema del Gattopardo, tutto cambia affinché nulla cambi. Questa volta, con l’elezione del Presidente della Repubblica, invece, tutto è restato com’era: Mario Draghi a Palazzo Chigi, Sergio Mattarella al Quirinale. Il quirinal game termina così. Era partito con la finta unità del centro destra su Silvio Berlusconi, è terminato con un ritorno alla casella di partenza. Parafrasando il vecchio slogan: “Meno male che Sergio c’è”.
La matassa era effettivamente ingarbugliata per diversi e molteplici motivi. Il primo era la composizione del Parlamento: nessuno aveva la maggioranza assoluta, un gruppo misto enorme e a sua volta frazionato mille rivoli. Tutto questo a poco meno di un anno dal termine naturale della legislatura. La natura larghissima del governo Draghi ha fatto il resto. A proposito tanti opinionisti hanno ripetuto per mesi come fosse scontato il passaggio del Presidente del Consiglio al colle più alto. Non era così. Non poteva essere così. Per capirlo bastava ricordare come e perché l’ex capo della Bce era divenuto Presidente del Consiglio.
Al quadro complicato di partenza si sono uniti gli errori, le mancanze e l’incapacità, sì proprio incapacità, dei diversi leader politici o forse per meglio dire capi senza esercito. Una mancanza di cultura istituzionale evidente che ha portato a bruciare diversi nomi e a mettere le une contro le altre, le maggiori cariche dello Stato.
Salvini si è arrogato il ruolo di KingMaker. E’ quello che ne esce peggio. Triturato. Attaccato a destra dalla Meloni e verso il centro da Forza Italia. Ha tentato la carta impossibile di tenere insieme il cdx ed il Governo. Cosa evidentemente impossibile, perché ognuno aveva un interesse/obiettivo diverso. Ogni nome da lui annunciato veniva bruciato in un’ora. L’elezione del Presidente della Repubblica presuppone una preparazione politica e parlamentare che Salvini non ha e non potrà mai avere. I tweet e gli elenchi pronunciati a cantilena sono una cosa, le istituzioni un’altra.
Ne esce male anche Conte. Anche lui ha provato a giocare più partite in una. Da una parte Letta, dall’altra l’ex amico Salvini. Ha tentato due volte la forzatura: Frattini ma soprattutto Belloni. E’ stato bocciato prima di tutto dalla maggioranza dei parlamentari 5 stelle, fedeli a Di Maio che nell’urna facevano nascere e crescere l’opzione Mattarella. L’ex Premier si indebolisce, il Ministro degli Esteri si rafforza.
Letta è stato il più cauto. Ha giocato in difesa. Non perde la partita perché evidentemente Mattarella non dispiace al Nazareno ma neanche la vince perché il bis del Presidente è comunque una stortura costituzionale. Vedendo quello che successe a Bersani è un miracolo la tenuta del Partito Democratico e quel che resta di Leu.
Renzi in questo tipo di partite è il più scaltro, anche lui ne esce bene. Si prende la copertina per bocciare la Belloni con motivazioni sinceramente corrette. Strano ma vero.
In tutto questo va sicuramente messo agli atti il ruolo dei parlamentari che hanno giocato una partita diversa rispetto ai loro capi. La decisione Mattarella bis nasce nell’aula. Aula che mal sopportava Draghi, c’è da dire e che ha tenuto in piedi solo l’ipotesi Casini, candidato naturale alla carica. L’amico di tutti nello spogliatoio.
Si torna da Mattarella. La persona che ha creato questo schema politico. L’unico che con la situazione venutasi a creare poteva essere realmente e largamente condiviso. L’ha cercato, proprio, Draghi in uno gioco di specchi riflessi.
A quale considerazioni ci porta questa storia?
- Non ci sono né Leader, né partiti. Viviamo un tempo liquido. In cui l’unica certezza sembrano la velocità e la voracità di dire, di sparlare, di essere presenti nel quotidiano per commentare il superfluo o per alimentare il dibattito con fake news. La politica italiana è sempre troppo ombelicale. Incapace di affrontare i seri problemi strutturali del nostro Paese. Incapace di riflettere a fondo. Incapace di capire i momenti della politica: c’è un tempo per la campagna elettorale, c’è un tempo per governare, c’è un tempo in cui prima di tutto vanno messe le istituzioni. Incapace di riformarsi e di riformare. Incapaci di trovare un degno sostituto a Sergio Mattarella che aveva espresso chiaramente la sua opinione.
- Da questa situazione nessuno può pensare di trovare soluzioni da solo/a. Non esistono uomini o donne della provvidenza. E’ un problema strutturale e radicato. Sentiamo mai come adesso la necessità e l’esigenza di partiti nuovi per idee, per metodo, per cultura, per capacità, per visione.
- In my opinion si andrà verso un sistema elettorale proporzionale. La logica conseguenza, se accadrà, è il rafforzamento del quadro delle larghe intese, con buona pace della Meloni.